TERRE RARE MA NON TROPPO. IN EUROPA C’È IL LITIO
Litio in Germania, Antimonio e Titanio in Italia. Abbiamo le “terre rare”.
Ora tocca agli europei estrarle, forgiarle ed utilizzarle per tornare ad essere protagonisti.
di Salvatore Recupero
Le terre rare sono presenti nel sottosuolo europeo. In Germania, sotto l’Alta Valle del Reno, è stato individuato un giacimento di litio che, essendo uno dei più grandi al mondo, potrebbe fornire batterie per 400 milioni di auto elettriche. Anche in Italia non mancano i “metalli preziosi”: antimonio in Toscana e titanio in Liguria. Ma nonostante questo, l’autonomia energetica per il Vecchio Continente è ancora un percorso in salita.

Quanto frutterà il litio “tedesco”?
Come si è già detto, il litio è centrale per la produzione delle batterie elettriche che alimenteranno la mobilità del futuro. Tutti i veicoli ecosostenibili (monopattini, biciclette e autovetture elettriche) dipenderanno dal prezioso metallo alcalino (1).
La succitata notizia ha fatto il giro del mondo. Il giacimento consentirebbe alla Germania e all’Europa di non dipendere più dalle miniere di litio oggi dislocate prevalentemente in Australia, Cile e Cina.
Ancora non sappiamo come e chi si occuperà del sito. In pole position vediamo la Vulcan Energy Resources (società con sede in Australia ma con partecipazioni tedesche). Quest’ultima (secondo quanto riporta il sito de La Repubblica) (2) avrebbe messo in cantiere alcune attività per la costruzione di centrali geotermiche necessarie alla produzione dell’energia per le operazioni di estrazione, con un investimento di almeno 1,7 miliardi di euro. Gli australiani vorrebbero estrarre 15 mila tonnellate di idrossido di litio all’anno, in due siti, entro il 2024. A partire dal 2025 potrebbe prendere il via una seconda fase per un’estrazione di 40 mila tonnellate all’anno in tre ulteriori stabilimenti. Ovviamente già si infittiscono contatti con i principali produttori di batterie.
Ma è davvero tutto così semplice?
Il significato del termine “terre rare”
Facciamo una piccola, ma fondamentale, digressione. Il termine “terre rare” può trarre in inganno. L’aggettivo non è riferito alla loro scarsità in natura, bensì alle caratteristiche dei processi di estrazione, raffinazione e ossidazione, difficili e costosi. Questi minerali sono presenti principalmente in alcune nazioni. Tra tutte spicca la Cina, con il 40% circa delle riserve mondiali di terre rare, seguono Brasile e Vietnam (18%), Russia (15%), mentre il restante 12% è da suddividersi tra gli altri Paesi.
Bayan Obo, regione della Cina settentrionale, è il giacimento di terre rare più grande del mondo. Costituito da tre corpi minerari principali ed esteso in lunghezza per 18 km, Bayan Obo costituisce il 50% della produzione di terre rare cinesi. Altri depositi più piccoli si trovano nelle province Shandong, Sichuan, Jiangxi e Guangdong.
Questa leadership è costata cara al colosso asiatico. Infatti, la facilità nel reperire queste materie prime è direttamente proporzionale al rischio che comporta l’estrazione. Secondo molti esperti la loro estrazione e raffinazione, infatti, richiede grandi quantità di acidi corrosivi e tossine cancerogene. E spesso i metalli sono intrecciati con materiali radioattivi.
Il fuoco “amico” degli ambientalisti
Non sarà dunque facile per i tedeschi estrarre il prezioso alcalino. E non solo perché il giacimento si trova a diversi chilometri di profondità (come abbiamo visto le operazioni di estrazione hanno un forte impatto sul territorio). I Verdi tedeschi, reduci da una grande vittoria elettorale, non resteranno a guardare. Ricordiamoci che Annalena Baerbock, leader dei Grünen, è molto vicina a Biden:possiamo immaginare che ci saranno le barricate. Se non altro per questioni geopolitiche: gli americani non possono permettersi un’Europa troppo forte.
Berlino quindi dovrà inventarsi qualcosa. Per questo il Karlsruhe Institute of Technology (KIT) avrebbe sviluppato un metodo innovativo per estrarre il metallo dalle acque profonde del bacino superiore del Reno, con un procedimento minimamente invasivo per l’ambiente. Vedremo come andrà a finire.
La posta in gioco è alta: una produzione di litio nazionale renderebbe la Germania meno dipendente dalle importazioni.
Il caso dell’Italia
La Germania, però, non è la sola nazione europea ad avere nel suo sottosuolo i preziosi metalli. C’è infatti anche l’Italia. Per capire meglio, è utile fare un piccolo passo indietro. Il 6 dicembre del 2013 fu organizzato dall’Università la Sapienza di Roma un convegno (3) a cui è intervenuto, tra gli altri, l’allora vicepresidente della Commissione Ue e responsabile per l’industria Antonio Tajani.
In quell’occasione, il responsabile per le materie prime nella Commissione Europea Mattia Pellegrini (facendo riferimento all’Italia) diceva: “Abbiamo una cassaforte piena di ricchezza sepolta nel terreno e non la tiriamo fuori. Si tratta dei più grandi bacini europei, e i secondi a livello mondiale di antimonio e titanio – due delle cosiddette terre rare ossia elementi chiave in ambito tecnologico – che non vengono estratti ma anzi importati dall’estero”. “Nel 2011 abbiamo pubblicato – continuava Pellegrini – una lista delle materie da cui dipendiamo per tutte le tecnologie, e alcune di queste le importiamo al 100%”.
All’epoca anche l’allora amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni lanciava un appello finalizzato ad utilizzare al meglio le ricchezze nascoste nel nostro territorio nazionale per produrre ricchezza e posti di lavoro.
Insomma, l’Italia importava ciò che aveva già. Era ed è assurdo, visto che in tanti anni non è cambiato nulla. E sorge spontanea una domanda:
Perché mentre in Germania già da subito si stanno confrontando gruppi e tecnologie per estrarre il litio con le minori ricadute sull’ambiente circostante, l’Italia è ferma all’annuncio della scoperta avvenuta 10 anni orsono?
Una possibile risposta
Per dare una risposta a quest’ultimo quesito è utile citare un articolo di Augusto Grandi (giornalista, saggista, direttore di Electo Magazine) (4). Grandi, che ha anche collaborato con il Centro Studi Polaris, ci elenca i motivi che ci hanno impedito di utilizzare i materiali preziosi che sono presenti nel nostro sottosuolo. Secondo il giornalista piemontese: “L’Italia ha una strana concezione della difesa ambientale”. Grandi fa qualche esempio delle bizzarrie nostrane: “Bisogna utilizzare le nuove tecnologie per eliminare il consumo di carta, per collegarsi a distanza, per evitare lunghe trasferte? E si acquistano in Cina, in Australia o in America Latina i metalli rari indispensabili per realizzare le tecnologie avanzate. Si acquistano dall’altra parte del mondo per evitare di scavare in Italia. Perché una miniera in Italia inquina mentre se si inquina cento volte di più in Paesi lontani nessuno se ne accorge. E non ci si accorge dei costi anche ambientali per il trasporto delle materie prime”.
“L’importante – continua Grandi – è non scavare per ottenere le terre rare. Con il rischio di diventare indipendenti per materie prime che potrebbero favorire la competitività di aziende italiane. Indubbiamente si tratta di evitare il pericolo, gravissimo, di creare occupazione rendendo superfluo il reddito di cittadinanza per i renitenti alla vanga. Le aprano in Cina, le miniere. Costruiscano loro le nuove tecnologie, creino loro nuova occupazione. Oppure lo facciano i tedeschi”.
C’è poco da aggiungere a questa analisi. Alcune cose vanno però sottolineate. In primis, gran parte dei mali che affliggono gli italiani dipendono dagli italiani stessi. In secundis, bisogna avere un approccio costruttivo e non rinunciatario alle tematiche ambientali.
Non esistono attività umane ad impatto zero. Dobbiamo solo investire per ridurre le esternalità negative che impattano maggiormente sulla nostra salute. Inutile dire che non dobbiamo farci condizionare dalle teorie che vengono da Oltreoceano: la storia ci insegna che sono polpette avvelenate.
Ora, però non abbiamo più scuse: c’è la materia prima. Anzi ci sono le “terre rare”. A noi la responsabilità di estrarle e utilizzarle (o, metaforicamente, forgiarle) per tornare ad essere protagonisti.
1. Il litio prenderà il posto del petrolio? di Salvatore Recupero Polaris sito web 08 Aprile 2021 https://www.centrostudipolaris.eu/2021/04/08/il-litio-prendera-il-posto-del-petrolio/
2. Il nuovo oro del Reno della Germania: nel fiume un’immensa miniera di litio. Di Claudio Gerino La Repubblica 06 Maggio 2021 https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/05/06/news/la_germania_ha_ancora_l_oro_del_reno_nel_fiume_un_immensa_miniera_di_litio-299644125/
3. Sorpresa, in Italia i più grandi giacimenti europei di Terre rare: antimonio in Toscana, titanio in Liguria. Il Sole 24 Ore di Vittorio Da Rold 11 Dicembre 2013 https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-12-11/sorpresa-italia-piu-grandi-giacimenti-terre-rare-130206.shtml?refresh_ce=1&s=08
4. In Germania litio per 400 milioni di auto. in Italia titanio ed antimonio ma si dorme da 10 anni. Di Augusto Grandi Electo Magazine 12 Maggio 2021 https://electomagazine.it/in-germania-litio-per-400-milioni-di-auto-in-italia-titanio-ed-antimonio-ma-si-dorme-da-10-anni/